Con l’avvento alla presidenza degli Stati Uniti di Donald Trump l’orientamento energetico americano ha preso una direzione a favore delle fonti fossili, ostacolando la possibilità di crescita e sviluppo delle fonti rinnovabili.

Però, qualche giorno fa 12 dicembre 2016, è stata lanciata a New York una finanza “green” per contrapporsi alla politica energetica dell’attuale presidente degli USA. Imprenditori schierati da sempre con la causa ambientalista, come George Soros, Marc Zuckerberg di Facebook, l’inglese Richard Branson di Virgin, Jeff Bezos di Amazon e il pioniere del venture capital californiano John Doerr, insieme al cinese Jack Ma di Alibaba e il principe saudita Alwaleed bin Talal, guidati dal fondatore di Microsoft, Bill Gates, hanno lanciato un nuovo fondo di investimento volto all’incentivazione di energia pulita. Il capitale iniziale di tale fondo, il Breakthrough Energy Ventures Fund, è di 1 miliardo di dollari ed ha l’obiettivo di contribuire ad un “Pianeta zero emissioni” in un orizzonte temporale vicino. Già nel 2015 durante il summit di Parigi, lo stesso Gates lanciò un’alleanza di grandi imprenditori con lo scopo di sostenere ed incentivare gli sforzi governativi per combattere il cambiamento climatico attraverso fondi privati, la Breakthrough Energy Coalition.

Questo nuovo fondo si trova quindi in contrapposizione con il programma energetico dell’Environmental Protection Agency con a capo Scott Pruit, noto per essersi schierato sempre dalla parte dei petrolieri durante il mandato di ministro della Giustizia dell’Oklahoma. Tale fondo avrà una durata ventennale e potrà essere utilizzato per investimenti in start-up o aziende già consolidate che operino in settori che vanno dall’energia rinnovabile all’agricoltura sostenibile, da tecnologie per lo stoccaggio di energia elettrica a nuovi sistemi di trasporto.

Un’altra buona notizia proviene dal mondo della finanza: un grande insieme di investitori, che gestiscono patrimoni del valore di 5.000 miliardi di dollari, hanno deciso di dismettere dai loro portafogli tutte le azioni di aziende legate alle energie provenienti da fonti fossili. Questo trend al disinvestimento dal business carbonico si è avviato già nel 2011 in USA grazie ad un movimento di protesta universitario. Attualmente tale movimento è diventato di portata mondiale e coinvolge 688 istituzioni in 76 Paesi.